09 novembre 2008

SFIDA

Sindacato Famiglie Italiane Diverse Abilità

Impegno di civiltà  


http://xoomer.alice.it/sfidalecce/centro_stomatologico_disabili_asl_gallipoli.htm

25 ottobre 2006

PIANETA TERRA





Il pianeta Terra è in crisi. Tutti gli scienziati sono concordi nell'ipotizzare scenari non proprio confortanti da qui a pochi decenni se l'Uomo non modificherà il suo atteggiamento di sfregio nei confronti della Natura. L'Uomo moderno sottomette il suo benessere, quello vero, ad un inquinamento industriale devastante, a fronte di uno sfrenato consumismo. La necessità di comprare, qualsiasi cosa, purchè si compri e si inquini, con l'alibi che solo così si può creare benessere e ricchezza. Ma quale benessere, quello che ti fa lavorare di più per poter spendere di più ed avere maggiore necessità di denaro per ritornare ad alimentare questo circolo vizioso? a vantaggio di chi? Si ipotizza che nel 2050, continuando con questo ritmo di inquinamento (ed ancora non è entrata nel pieno delle sue potenzialità la Cina in questa perversa corsa, mentre gli USA, grazie a Bush che doveva pagare le cambiali agli industriali che lo avevano fatto eleggere, hanno sconfessato il trattato di Kyoto firmato da Clinton sulla limitazione delle emissioni tossiche) la Terra arriverà al collasso. Siamo riusciti a rovinare un pianeta in meno di un secolo. Se si immagina un piccolo lago in cui ha attecchito una pianta acquatica che si duplica, si vedrà che da una pianta se ne genereranno due, e poi quattro e poi otto e via così. Ma quando il lago sarà per metà coperto dalle piante non si immaginerà che solo la notte seguente tutto il lago sarà coperto e morirà asfissiato!

21 ottobre 2006

WIKIPEDIA


L'idea non è proprio originale, se vogliamo essere pignoli! era venuta ad un tale Isaac Asimov, scienziato e scrittore di fantascienza, con la sua 'Enciclopedia Galattica' e che nella 'Trilogia della Fondazione' immagina un molto verosimile futuro in cui l'Umanità sceglie di depositare il Sapere Universale:

«...Chi in epoche successive avesse conosciuto Hari Seldon solo come un semidio leggendario, forse avrebbe gridato al sacrilegio se avesse visto che Seldon non aveva i capelli bianchi, né una vecchia faccia rugosa, che non aveva un sorriso tranquillo pieno di saggezza e non sedeva su una sedia a rotelle.»

La mente che ha concepito tutto questo è proprio lui, Hari seldon, lo psicostoriografo che riesce, grazie all'esattezza delle sue formule, a predire il futuro dell'Umanità per migliaia di anni ed a guidarla per il meglio, cercando però di non interferire con le decisioni che dovevano rimanere autonome. Il colpo di genio di Hari Seldon, che si deve ingegnare per preservare il 'Sapere' da coloro che vogliono distruggere questo tesoro immenso (qualche analogia con farenheit 481?), è il nasconderlo nel punto più lontano dell'Universo, cioè proprio... ma non ve lo rivelo, per chi non avesse ancora letto Preludio alla Fondazione .

16 ottobre 2006

Un Nobel di pace

Muhammad Yunus ha fondato in Bangladesh, nel 1976, la Grameen Bank.

Grameen è una banca rurale (grameen in bengalese significa contadino) che concede prestiti e supporto organizzativo ai più poveri, altrimenti esclusi dal sistema di credito tradizionale. Fino a oggi la banca ha concesso prestiti a più di 2 milioni di persone, il 94 per cento delle quali donne. Grameen ha attualmente 1.048 filiali ed è presente in 35.000 villaggi e in diverse città nel mondo. Grameen non solo presta denaro ai poveri ma è posseduta da questa stessa gente, che nel tempo è diventata azionista della banca. Fondata in Bangladesh , Grameen , è ora un modello anche per la Banca Mondiale.
Amina Ammajan era una mendicante del Bangladesh, vale a dire una delle persone più povere della terra. Vedova e madre di due figlie, era sul punto di morire nel 1976, quando la casa le crollò letteralmente sulla testa. Oggi sua figlia possiede la casa, un pezzettino di terra e del bestiame. Non è ricca, ma vive dignitosamente. La sua vita, come quella di milioni di altre persone, soprattutto donne, è cambiata completamente da quando ha incontrato Grameen, la banca del Bangladesh che teorizza e mette in pratica il credito ai derelitti: pochi soldi, dati a fronte di un progetto minimo e senza nessuna richiesta di garanzia. Ma con percentuali di restituzione che fanno invidia alle più solide banche tradizionali. E’ una storia a dir poco sorprendente quella raccontata dal libro di Muhammad Yunus, Il banchiere dei poveri appena uscito per Feltrinelli (£ 35.000, 268 pp.). Tutto comincia quando Yunus, un docente universitario di economia del Bengala laureatosi negli Stati Uniti, si mette in testa di cercare nuove strade per combattere la miseria disperata delle zone rurali del suo paese. Fin dalle prime incursioni sul campo, durante la terribile carestia del 1974, Yunus si rende conto che c’è una grande quantità di uomini e donne a cui non mancano né buona volontà né una forte capacità lavorativa, il cui destino è tuttavia senza speranza perché privi di uno strumento essenziale: un capitale, anche piccolissimo, con cui iniziare qualunque attività.

Così, in spregio a tutte le regole del mondo bancario di ogni tempo e latitudine, Yunus riesce a convincere una banca della sua regione ad aprire una linea di crediti minuscoli (i più alti superavano a malapena i venti dollari), riservati quasi esclusivamente alle donne, senza alcuna richiesta di garanzia e senza neppure la necessità di riempire un modulo (del resto, a che sarebbe servito? La maggior parte dei clienti era analfabeta). Il risultato è stato entusiasmante. Gli ultimi della terra a cui Grameen (che significa "rurale") concedeva un’opportunità, non solo mettevano in piedi attività redditizie della più diversa natura (dalla vendita di focacce alla fabbricazione di sgabelli in bambù, alla coltivazione di riso) che consentivano loro di sfuggire alla miseria e agli usurai, ma rimborsavano puntualmente i prestiti. Molto più di quanto facessero i clienti "normali" delle banche tradizionali.

Il motivo di questo comportamento è estremamente semplice secondo Yunus, che provò a spiegarlo così ad uno sbalordito direttore di banca, quando espose per la prima volta il suo progetto: "I più poveri dei poveri lavorano dodici ore al giorno; per guadagnarsi da mangiare devono vendere i loro prodotti. Non c’è ragione perché non vi rimborsino, soprattutto se vogliono avere un altro prestito che consenta loro di resistere un giorno di più. E’ la miglior garanzia che possiate mai avere: la loro vita!".

Insomma proprio la disperazione e la mancanza di alternative farebbero di un povero un creditore affidabile, assai più di un creditore comune. "Chi sta bene – argomenta il professore - non teme la legge e sa come manipolarla a proprio vantaggio". Il ragionamento è meno paradossale di quello che sembra se è vero, come spiega lo stesso Yunus, che nel suo paese ci sono banche la cui percentuale di recupero dei crediti non supera il 10 per cento e che la moratoria dei prestiti non rimborsati diventa regolarmente il più sicuro dei cavalli di battaglia in ogni campagna elettorale.

E’ facile immaginare quante resistenza abbia incontrato in una società tradizionalista come quella del Bangladesh questa iniziativa, che presupponeva, tra l’altro, l’emancipazione delle donne. Anzi, questo forse è l’aspetto più incredibile di tutta la storia. La filosofia del microcredito, infatti, imponeva di andare a cercare proprio gli ultimi, quelli che non avevano più speranza. E nella società del Bangladesh, così come in molti altri paesi asiatici o africani, non c’è nessuno che stia peggio di una vedova o di una donna abbandonata o semplicemente maltrattata dal marito. Ragion per cui, Yunus e i suoi sono andati in lungo e in largo per il Bangladesh, un paese musulmano molto tradizionalista in cui la separazione fra i sessi nella vita sociale è rigidamente osservata, cercando di convincere giovani donne terrorizzate ad accettare un prestito che avrebbero dovuto rimborsare a piccole rate ogni settimana. Inutile dire che le autorità religiose di ogni villaggio hanno cercato in tutti i modi di scoraggiare sia la banca che le sue possibili clienti. Eppure alla fine sono riusciti a spuntarla.

Oggi Grameen non solo è una banca indipendente importantissima nel Bangladesh, ma ha messo filiali in giro per il mondo, perfino nei paesi più ricchi. Il microcredito è praticato in cinquantasette nazioni, fra cui anche gli Stati Uniti, dove ne usufruiscono i poveri dei ghetti di Chicago. Come è stata possibile una crescita tanto spettacolare? Con una serie di regole ferree che hanno consentito ai suoi fautori di superare ogni volta difficoltà apparentemente insormontabili. Anzitutto la richiesta ai poveri di radunarsi in gruppetti di cinque persone al momento di ottenere un prestito, assumendo ciascuno la responsabilità anche per gli altri, per rafforzare l’impegno a rimborsare la sua somma. In secondo luogo, il meccanismo di rimborso. Anziché attendere tutto il rimborso dopo una lunga scadenza, Grameen chiede ai suoi clienti di restituire il denaro in piccolissime rate ogni settimana. "Il denaro - spiega ancora Yunus - è una sostanza adesiva, si attacca al suo possessore. Se il rimborso deve avvenire dopo sei mesi o un ano dalla concessione del prestito, anche se il debitore avrà in tasca il denaro proverà inevitabilmente un certo dispiacere a staccarsene. Il segreto consiste nelle brevi scadenze".
A queste regole nel rapporto con la banca se ne aggiungono altre che riguardano l’esistenza personale dei clienti (dall’istruzione dei figli alla pulizia delle case, fino agli esercizi ginnici negli incontri) e che fanno somigliare Grameen a un programma di vita più che a un’istituzione di credito. E questo è certamente l’aspetto meno attraente di tutta la sua vicenda. Yunus e i suoi si comportano, da questo punto di vista, come se la povertà richiedesse una riorganizzazione ex novo dell’esistenza delle persone, quasi che i poveri fossero bambini da prendere per mano. Tuttavia, di fronte alla tenacia e al coraggio del progetto del microcredito e soprattutto ai suoi risultati nella lotta alla povertà, una diffidenza del genere sarebbe forse un lusso che nessuno, fra i poveri della terra, capirebbe.


I.O.R. (Istituto per le Opere Religiose)

Lo IOR è la banca centrale del Vaticano ed è allo stesso tempo riconosciuto come un istituto di credito ordinario. E' stato creato nel 1941 da PIO XII con la funzione di amministrare i capitali degli ordini religiosi, degli istituti religiosi maschili e femminili, delle diocesi, delle parrocchie e degli organismi vaticani di tutto il mondo. E' una banca molto particolare, infatti non ha sportelli, in compenso ha molti clienti. Lo IOR è stato e continua ad essere molto ambito per chi possiede capitali che vuol far passare "inosservati". I suoi bilanci sono noti solo al Papa e a tre cardinali. Lo IOR è il centro di una organizzazione mondiale di banche controllate dal Vaticano. Molto semplice è, attraverso lo IOR, qualsiasi trasferimento di denaro senza limiti ne' di quantità né di distanza, con la garanzia della assoluta riservatezza. Per molto tempo a capo dell'Istituto e' stato Paul Marcinkus, cardinale coinvolto in numerosi scandali.

La Banca Vaticana è il nome comune dato all Istituto per le Opere di Religione (IOR), la banca centrale della chiesa cattolica romana situata nella Città del Vaticano. La banca è gestita da professionisti bancari CEO che riferisce direttamente ad un comitato di cardinali, ed infine al Papa (o al cardinale Camerlengo durante un interregnum). L'attuale presidente è Angelo Caloia.
La banca vaticana fu implicata in un grosso scandalo politico finanziario negli anni ottanta, riguardante nel 1982 il crollo di $3.5 milioni del Banco Ambrosiano, del quale era il suo maggiore azionista. Il capo del Istituto per le Opere di Religione dal 1971 al 1989, Paul Marcinkus, fu incriminato nel 1982 in Italia come responsabile del fallimento.
La Banca Vaticana è un ramo della Curia Romana, la struttura amministrativa della Chiesa Cattolica Romana. Divenne un organizzazione formale nel XIX secolo derivando da un sistema informale finanziario della Chiesa conosciuto come Obolo di San Pietro.
La Banca Vaticana attraversò tre periodi di grande cambiamento: nel 1870 con la dissoluzione dello Stato Pontificio; nel 1929 con i Patti Lateranensi che stabilirono l'indipendenza della città del Vaticano; ed in seguito agli accadimenti della seconda guerra mondiale.
Il presidente è Angelo Caloia, che è stato membro dell'Opus Dei. Il vice-presidente è Virgil Dechant, un americano dell'Ordine dei Cavalieri di Colombo. Altre importanti personalità dell'istituzione sono: Theodor Pietzcker, uomo della Deutsche Bank; José Angel Sánchez Aslain, che proviene dallo spagnolo Banco Bilbao-y-Vizcaya; Robert Studer dell'UBS, Unione Banche Svizzere.

Scandalo del Banco Ambrosiano

La Banca Vaticana era il maggior azionista del Banco Ambrosiano. Paul Marcinkus, direttore della Banca Vaticana dal 1971 al 1989, fu indagato in Italia nel 1982 a causa del fallimento del Banco Ambrosiano, considerato uno dei maggiori scandali finanziari del dopoguerra. Il Banco Ambrosiano fu accusato di riciclaggio di denaro della mafia in connessione con la P2, una loggia massonica "coperta" guidata da Licio Gelli. Gelli aveva lavorato nell'Operazione Gladio, l'organizzazione anticomunista paramilitare e segreta della NATO.
Marcinkus non venne mai processato in Italia poiché risultava impiegato del Vaticano e quindi immune ai procedimenti penali. Morì a Sun City, Arizona, Stati Uniti d'America, nel 2006. La Banca Vaticana non ammise le responsabilità per il fallimento del Banco Ambrosiano, ma riconobbe la responsabilità morale e pagò 241 milioni di dollari ai creditori.
Fino al 2006 sono continuate le indagini per la morte del capo del Banco Ambrosiano, Roberto Calvi, il quale venne collegato con Ernest Backes, appartenente a Clearstream, che potrebbe essere collegato alla morte di Gérard Soisson, che lavorò per Clearstream, la "banca delle banche" che pratica il financial clearing.

Una autentica multinazionale della fede, l’Opus Dei, che solo a gennaio 2005, ha aggiunto un importante tassello alla imponente geografia del suo patrimonio immobiliare in ogni angolo del pianeta: il nuovo polo oncologico annesso al Policlinico del Campus Biomedico (una delle due università dell’Opus nella capitale), costato oltre 7 milioni di euro «messi a disposizione – precisano i comunicati ufficiali – dalla Regione Lazio e da un pool di donatori». Ignoti i loro nomi, così come segrete restano le lunghe liste degli affiliati e la nomenklatura interna, ad eccezione del vertice massimo, il prelato Javier Echevarría, e del suo stretto entourage.

Con il sistema bancario l’Opus ha per tradizione sempre intrattenuto stretti rapporti. A cominciare dalla parentela che esisterebbe fra Mariano Fazio, rettore dell’altro ateneo opusdeista nella capitale, la Pontificia Università della Santa Croce (con facoltà di Teologia, Diritto Canonico, Filosofia e Comunicazione Sociale Istituzionale) ed Antonio Fazio, nominato nella passata legislatura da Silvio Berlusconi presidente “a vita” della Banca d’Italia. Ritroviamo Antonio Fazio fra i leader di un’altra “creatura” tutta business & chiesa: si tratta della fondazione Sorella Natura, che si ispira alle prescrizioni evangeliche del poverello di Assisi per fondare una Banca etica, acquistare e ristrutturale immobili come la Chiesa di Santa Croce ad Assisi, stringere intese con partner come la Popolare di Lodi, ma anche colossi del calibro di Unicredito, Sanpaolo Imi, Monte Paschi di Siena e Banca Sella, per citarne solo alcuni.

Insomma non pare proprio che si possa fare un paragone tra i due Istituti di Credito: da una parte quello laico, che innegabilmente è dalla parte dei più poveri, secondo un vero spirito Cristiano. Dall’altra parte quello Cristiano…c’è bisogno di fare commenti?

Benvenuti

Ho creato questo blog per il mio amico Simone.

Ora il Blog è tuo. Scrivi! ^-^